GIOVEDI’ 30 APRILE, ore 18.00, Libreria Coop Ambasciatori, prima presentazione ufficiale a Bologna
L’incontro con Joe Bastianich in febbraio 2015
“Sulla rotta dei ribelli” è già alla prima ristampa!
In un bel ristorante di Bologna, Sale Grosso, in Vicolo Facchini 4, dove si mangiano pesce e verdure di qualità, ho avuto un grande incontro, con un ragazzo simpatico e sensibile, che a volte fa il “cattivo” su Masterchef, ma che mi ha confidato che sua mamma lo sgrida ancora perché nel programma butta via del cibo. Io gli ho chiesto di fare una foto assieme. Joe ha voluto farla, ma – lo ha chiesto lui – tenendo in mostra il mio libro. A questo newyorchese figlio di immigrati istriani, che è diventato il “re dei ristoratori” al mondo, un grazie di cuore e la sensazione di aver conosciuto, più che un personaggio famoso, un buon ragazzo.
Ah… fate come Joe: prendete il mio libro, leggetelo, consigliatelo, regalatelo. Oramai sono in tanti tra quelli che lo hanno letto a dirmi che gli è piaciuto tanto. Da un bel libro – se non sei nella fascia “top”degli autori – non ci si guadagna economicamente. L’autore e i lettori ci guadagnano in idee, cultura, gioia, sentimento… I miei lettori mi hanno convinto che il mio è un libro piacevole. Grazie e continuate così.

9 novembre 2014 – Presentazione a Bologna, Osteria del Sole
Oltre settanta persone alla prima presentazione privata del libro SULLA ROTTA DEI RIBELLI a Bologna, riservata agli amici. Emilio Lonardo parla del libro e risponde ad alcune domande dei presenti.
7 novembre 2014 – Intervista a Radio Yoga Network
La nave dei Ribelli esce in mare aperto. “SULLA ROTTA DEI RIBELLI“, il nuovo libro di Emilio Lonardo, pubblicato dalla Casa Editrice Ad Est dell’Equatore, sarà dal 29 ottobre in tutte le librerie e sui siti di acquisto on line (Amazon, IBS, ecc.). Ma qui potete già leggere l’introduzione ed il primo capitolo.
Il primo capitolo di “SULLA ROTTA DEI RIBELLI”
“If there are any persons who contest a received opinion, or who will do so if law or opinion will let them, let us thank them for it, open our minds to listen to them, and rejoice that there is some one to do for us what we otherwise ought, if we have any regard for either the certainty or the vitality of our convictions, to do with much greater labor for ourselves.”
John Stuart Mill, “On Liberty” (1859)
“Se vi sono persone che negano un’opinione generalmente accettata o che la negherebbero se la legge o il pubblico glielo permettessero, ringraziamole, ascoltiamole a mente aperta e rallegriamoci che qualcuno faccia per nostro conto ciò che altrimenti dovremmo fare da soli, e con fatica molto maggiore, se abbiamo un minimo di rispetto per la certezza o la vitalità delle nostre convinzioni.”
PREMESSA
Poiché questo libro vuole essere una appassionata difesa dei ribelli di ogni epoca e luogo, ed una aperta e pubblica invocazione al ritorno di uomini e donne ribelli al governo del nostro Paese (e non solo!), e poiché i ribelli non hanno segnato soltanto la storia politica e sociale dell’Uomo, ma anche quella religiosa, scientifica, artistica, questo libro – perché di certo è un libro e non altro prodotto dell’intelletto umano – vuole ribellarsi agli schemi che intendono costringerlo nel recinto di un genere letterario come quello del “saggio”. Anzi, questo libro, sfuggendo di mano al proprio maldestro autore, vuole galoppare a rotta di collo dall’autobiografia al libro di viaggi, dal romanzo alla letteratura utopistica, alla biografia, alla prosa poetica e ad ogni altro spazio recintato da invadere, da sperimentare, in cui compiere scorrerie e da cui, soddisfatto, ritirarsi. Perché un vero ribelle è innanzitutto una persona che ritiene troppo limitati i confini che gli vengono assegnati, che ha nell’animo una insaziabile curiosità di conoscere e di capire il mondo e, tramite l’osservazione e la comprensione del mondo, di conoscere e capire se stesso.
Questo libro, inoltre, una volta pubblicato, non amerà gli accademici vanitosi, gli intellettuali salottieri, i politici marpioni e accattivanti, i giornalisti alla moda e altre simili categorie di finti anticonformisti. Amerà, invece, la gente semplice, capace di indignarsi, che soffre per le ingiustizie subìte o viste subire, che ama le cose importanti della vita e che guarda con comprensione il dolore e le difficoltà altrui. Perché da questi sentimenti nasce una onesta, vera e sacrosanta ribellione.
Il ribelle ha, anche, una caratteristica non amata: quella di portare confusione dove regna un ordine finto e soffocante e ordine dove regna una confusione voluta e preordinata. Per questo il ribelle è tanto amato quanto vituperato, tanto paragonato ad un eroe quanto ad un maestro di nefandezze. Non lo si può amare così-così. Non lo si può ignorare o moderare. Ma questo è l’archetipo del ribelle. Il ribelle in carne ed ossa, storicamente esistente, è spesso una persona con delle contraddizioni, come tutti, ma semplicemente convinto, per ragioni le più diverse, a non conformarsi al pensiero dominante ed al potere esistente. Anche – e lo vedremo – quando, a volte, è lui stesso al vertice di quel potere.
Infine, questo libro è un tentativo esplicitamente politico di invocare una nuova classe dirigente per questo Paese. Nuova, dal punto di vista morale, rispetto all’immoralità diventata da eccezione, regola. Nuova, dal punto di vista intellettuale, rispetto ad una incapacità e ad una approssimazione che caratterizza vecchi e giovani conformisti e opportunisti, dediti unicamente, dalla mattina alla sera, a coltivare il proprio potere, a programmare la propria piccola o grande carriera, a costruire la propria ricchezza, a cercare sempre nuovi privilegi o a difendere coi denti quelli che già hanno e, quindi, incapaci di pensare a come migliorare il mondo e, a volte, anche semplicemente a come capirlo.
Ah… dimenticavo: questo libro è anche un atto di accusa contro l’ignoranza, che è lo strumento principale con il quale i conformisti e gli opportunisti cercano di crearsi continuamente facile consenso e adesione acritica per soddisfare le loro egoistiche e materialistiche ambizioni, procreando, così, eredi sempre peggiori di loro.
PRIMO CAPITOLO – LOS REBELDES
Il termine “ribelle” si carica di significati diversi a seconda delle epoche e degli stati di animo prevalenti in una società. Non è uno di quegli aggettivi chiaramente positivi o negativi. Forse questa caratteristica del termine è il risultato della costante lotta tra i ribelli e i conformisti, tra i ribelli ed il potere consolidato. Quando i ribelli sfidano un potere forte, il ribelle è considerato una sorta di bandito da chi segue l’autorità. Alcuni strati di popolazione o alcuni gruppi, proprio per questo, lo esaltano e così il ribelle è al tempo stesso per alcuni bandito, per altri eroe, pericoloso agente demoniaco o illuminato erede di Prometeo, incomprensibile e reietto artistucolo o innovatore rivoluzionario dei gusti e delle arti. A volte, addirittura, i ribelli vincono e diventano potere. E così si consolidano, a volte continuando a rivendicare la loro natura “ribelle”. In alcuni di questi casi è il potere stesso ad autodefinirsi, positivamente, “ribelle”. Per quanto riguarda la politica, che sarà il contesto principale nel quale vedremo agire i ribelli in questo libro, forse in nessun altro Paese ed in nessun altra epoca il termine “ribelle” si connota positivamente ed eroicamente, come nella Cuba degli ultimi cinquantacinque anni.
“A egregie cose il forte animo accendono
l’urne dei forti, o Pindemonte. E bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta…”
Ugo Foscolo, I Sepolcri
Agosto 2011. Nella già calda mattina di Avana, mi ritrovo a girare per gli assolati vialetti di un vasto cimitero. E’ la Necròpolis Cristòbal Colòn, il cimitero storico di Avana, che copre un lieve colle nell’area di Vedado. Cosa siamo venuti a vedere? Un cimitero monumentale con sculture e lapidi di pregio, come ci hanno indicato le guide. Ma anche un posto dove cercare di capire, lontani dai congas[1] e dalle très[2], dal vociare dei piccoli e poveri mercati rionali, dalla rumorosa allegria dei locali di Habana Vieja dove si consumano ogni giorno tonnellate di yerba buena[3] per i mojito, il vero spirito di questa affascinante nazione. Siamo forse, a quest’ora, gli unici visitatori stranieri – e tra i pochi in assoluto – che si aggirano incerti, immancabile guida in mano, per trovare le tombe principali segnalate. Tra le visite obbligate è quella alla tomba de La Milagrosa (la Miracolosa), una donna che, morta di parto, fu sepolta con il bimbo posto ai suoi piedi. Quando, parecchi anni dopo, il suo sarcofago fu aperto, i resti del bimbo furono trovati tra le sue braccia. (Un atto di amore materno miracoloso o un atto di ribellione miracolosa del neonato, che pretendeva di stare tra le braccia di chi lo aveva già tanto amato?) Da allora, la loro tomba è luogo di pellegrinaggio per i miracoli che può fare alle donne dell’Isola.
Altra tomba da non perdere è quella di Maximo Gomez, il generale domenicano che, lungo quaranta anni di lotte, condusse Cuba all’indipendenza dalla Spagna e rifiutò la nomina a primo Presidente della nuova Repubblica. Ecco il primo ribelle che incontriamo. Ribelle, perché combattente contro la lontana Spagna che continuava a spogliare l’America Latina delle sue ricchezze e a mandare nei suoi territori d’oltremare governatori e funzionari corrotti e arroganti. Ribelle, però, anche perché rifiuta gli onori e le cariche e, stanco della guerra (e poco attratto dalla politica), finisce i suoi anni in una tranquilla villa fuori città, di fronte alla quale abbiamo soggiornato due volte nella tranquilla casa particular di Doña Fefa. Questo tratto del rifiuto, del saper dire di no, anche ai benefici offerti per le proprie azioni da ribelle, caratterizza alcuni dei ribelli della storia e ne denota il carattere eroico. Troveremo il tratto della “rinuncia” soprattutto in Oriente, ma anche l’Occidente ne è, fortunatamente, testimone. Le rinunce al potere ed agli onori del combattente armato Ernesto Guevara de la Serna sono mossi dallo stesso spirito di quelle del ribelle non-violento indiano Mohandas Karamchand Gandhi e di altri ribelli di entrambi i mondi, quello occidentale e quello orientale.
Quel giorno, nel cimitero monumentale di Avana, non avevamo ancora apprezzato le straordinarie capacità di due dei più grandi musicisti cubani, entrambi portati alla ribalta internazionale, nella seconda metà degli anni novanta, dal disco “Buena Vista Social Club”, dovuto alla curiosità ed alla generosità di Ry Cooder[4], e dall’omonimo film-documentario girato da Wim Wenders. Torneremo sicuramente ad Avana per rendere omaggio, in questo assolato cimitero monumentale, al genio pianistico di Ruben Gonzales ed alla straordinaria capacità interpretativa del cantante Ibrahim Ferrer.
Nella nostra guida, poi, non era scritto che, al Cristòbal Colòn, c’era anche la tomba di Alberto Korda, per intenderci il fotografo che ha scattato (senza mai guadagnarci una lira in diritti) la più famosa foto del “Che”, quella dei poster e delle magliette vendute in tutto il mondo, quella che ogni ribelle che si rispetti, anche coloro che vedono le contraddizioni di questo grande personaggio e conoscono la triste piega che hanno preso, prima o poi, le rivoluzioni comuniste, metterebbe sulla sua scrivania. Perché in quella foto c’è, distillato fino alla purezza assoluta, lo sguardo intrepido del ribelle, quello sguardo che tutti i ribelli vorrebbero avere nei momenti di profonda indignazione, semmai dietro spesse lenti da miope o palpebre già lievemente cadenti a causa dell’età. Mi soffermo ancora sulla foto di Korda, per sottolineare una caratteristica decisiva del ribelle. Il ribelle vittorioso può diventare oggetto di culto conformistico. Sotto la maglietta del Che potrete oggi facilmente trovare il vero ribelle così come il giovane che la mette come appartenenza al gruppo, o il conformista che la mette per sentirsi alla moda, o il piccolo marpione politicante che la mette in estate per manifestare la sua sinistrorsità e imbrogliare chi è davvero di sinistra anche nei comportamenti quotidiani, o, semplicemente, chi la mette, piccolo peccato veniale, per mostrarsi più giovanile di quello che è. Il ribelle, cioè, non sfugge alla possibilità di essere strumentalizzato. Questo è soprattutto vero quando, oramai distaccato abitante di un altro mondo, non può ribellarsi all’uso strumentale che sulla terra si fa della sua immagine. Sta ai ribelli viventi ribellarsi al suo posto, contro chi strumentalizza a fini di ricchezza o di potere le figure più straordinarie che la storia umana ci ha donato.
Ci siamo fermati, invece, e lungamente, presso il monumento agli otto studenti della facoltà di medicina dell’Università di Avana, che furono fucilati dagli spagnoli il 27 novembre 1871, mentre Maximo Gomez liberava Guantànamo dalle truppe filo-spagnole. Leggendo i manoscritti di tutto il processo, all’origine della fucilazione degli otto studenti di medicina, e i risultati delle successive investigazioni realizzate su istanza del governo di Madrid, per chiarire tutto quanto successo prima e dopo quel fatidico 27 novembre 1871, si può affermare, quasi categoricamente, che tutto l’incidente fu creato artificialmente dall’allora Governatore Politico di Avana, Dionisio López Roberts, che, otto giorni prima, era stato destituito dalla sua carica per scandalosi e torbidi maneggi ed estorsione a ricchi cinesi e ad infelici prostitute. A questo si unisce un orientamento governativo, proveniente da Madrid, alle autorità coloniali nell’Isola, di impedire a qualunque prezzo il trionfo degli indipendentisti cubani, che nell’anno 1871 si trovavano in uno dei migliori momenti della guerra iniziata il 10 ottobre 1868, ed evitare, allo stesso tempo, che l’esempio della Comune di Parigi, in quello stesso periodo, potesse ripetersi ad Avana.
Il Governatore politico di Avana, Dionisio López Roberts, già destituito, come abbiamo detto, con l’intenzione di recuperare la fiducia del governo spagnolo e dare segni di lealtà suprema alla sua patria, con l’obiettivo che lo reintegrassero nella carica per continuare ad arricchirsi alle spalle del sofferente popolo cubano, inventò la supposta profanazione della tomba e dei resti del giornalista asturiano Gonzalo de Castañón che era stato il proprietario e direttore del giornale reazionario, al servizio della Spagna e nemico degli indipendentisti cubani, denominato “La voce di Cuba”. La colpa della profanazione inventata, fu accollata agli studenti ribelli della locale facoltà di medicina, contro ogni evidenza fattuale e testimoniale. Gli stessi professori dell’Università testimoniarono a favore dei loro studenti. Anche se non trovò supporto alle sue accuse, Dionisio López Roberts decise di far arrestare un gruppo di più di 40 studenti del primo anno del corso di medicina che furono imprigionati nell’allora Carcere Nazionale di Avana.
Sotto la pressione di circa mille agenti del Corpo dei Volontari cubani alleati della Spagna, dopo una prima sentenza assolutoria da parte di una giuria composta da membri dell’esercito spagnolo, e dopo l’insediamento di una nuova giuria composta in maggioranza da appartenenti al Corpo dei Volontari filo-spagnolo, fervidi sostenitori del giornalista asturiano Gonzalo de Castañón, il cui cadavere profanato era alla base del processo, nel pomeriggio di lunedì 27 novembre 1871 fu emessa la sentenza di condanna a morte di otto degli studenti arrestati. La sentenza fu eseguita verso le 4 del pomeriggio.
Il mausoleo degli studenti di medicina è un luogo di grande spiritualità, oltre che una meta del pellegrinaggio patriottico di tanti cubani. Ma anche molti dei cubani, forse non sanno che, di fianco alla tomba degli otto studenti, ci sono alcune lapidi dei loro difensori. In particolare, eravamo andati a rendere omaggio, oltre che agli otto studenti incolpevoli, fatti uccidere dalle trame di un politico corrotto e violento, ad uno dei loro avvocati, il Tenente Colonnello Federico Capdevila, molto meno noto anche da noi del suo omonimo calciatore spagnolo Joan. La lapide dice:
TENIENTE CORONEL
FEDERICO CAPDEVILA
MURIO EN SNTG° DE CUBA
EL 1° DE AGOSTO DE 1898.
SE TRASLADARON SUS RESTOS
A ESTE PANTEON
EL 27 DE NOVIEMBRE DE 1904.
Ecco, l’allora Capitano Federico Capdevila è un vero esempio ideale di cosa è un ribelle. Militare spagnolo, viene scelto come difensore d’ufficio degli studenti. Nonostante la pressione della piazza filo-spagnola, montata ad arte dal Governatore, e convinto della assoluta innocenza di questi ragazzi cubani, li difende appassionatamente fino ad una prima assoluzione. Nelle ore successive, come dicevamo, sotto la pressione dei volontari cubani filo-spagnoli, viene iniziato un nuovo procedimento contro gli studenti con una nuova giuria, composta in maggioranza da ufficiali del Corpo dei Volontari. La sentenza è già decisa prima di essere scritta. Capdevila si batte come un leone, ma la sentenza arriva immediata ed irrimediabile: pena di morte per otto studenti, assoluzione per due, tutti gli altri (quasi quaranta, ma le fonti non concordano sul numero esatto) condannati a severe pene detentive. Capdevila, nella sua qualità di difensore degli imputati, si rifiuta di sottoscrivere la legittimità della sentenza e, in un gesto che denuncia il disonore che il suo esercito subisce da questa vicenda, spezza la sua spada di ufficiale. La pena viene eseguita quasi immediatamente. Capdevila, capitano dell’esercito spagnolo, considerato un eroe dagli indipendentisti cubani per il suo gesto di resistenza civile, viene mandato ad Holguin, nella regione orientale dell’isola. Si sposa e va a risiedere a Sancti Spiritus. Poi torna in Spagna per alcuni anni, sempre servendo l’esercito del suo Paese. Nel 1878 è nuovamente a Cuba e, diventato Tenente Colonnello, viene posto a capo di un battaglione, sempre nella città di Holguin. Ma la ferocia dei suoi avversari nell’esercito lo raggiunge nel 1886, quando viene arrestato con l’accusa infamante di aver distratto i fondi del suo reggimento. Passa due anni di detenzione nel Castillo del Morro, a Santiago di Cuba. Durante la sua prigionia, nel 1887, un gruppo di cittadini di Avana che avevano creato un comitato per aiutarlo, gli andò a far visita, consegnandogli 1.200 pesos raccolti in suo favore. Capdevila rifiuta il denaro e propone di destinarlo alla costruzione di un mausoleo per gli otto studenti di medicina fucilati di cui era stato il difensore, chiedendo di essere sepolto assieme a loro. Poi, il gruppo di habaneros gli dà una spada dal manico in oro, per ricordare la sua spada da ufficiale che spezzò per denunciare il disonore che ricadeva sul suo Paese per quella ingiusta condanna di otto giovani innocenti. La dedica dice: “Cuba riconoscente. Al Signor Federico Capdevila, l’eroe del 27 novembre del 1871”. Nel carcere Capdevila contrae la tubercolosi e, nonostante questo, viene tenuto ancora in cella. Nel 1889 la revisione del processo contro di lui lo scagiona completamente dall’infamante accusa. Capdevila torna libero, si ritira dall’esercito a solo 44 anni di età e decide di risiedere a Santiago di Cuba. Lì frequenta eccellenti intellettuali e alcuni patrioti cubani. Con alcuni di essi fonda la istituzione culturale “Victor Hugo”, che si rivolge ai liberi pensatori di Santiago, della quale diventa Vice Presidente.
Lì riesce a realizzare alcune delle sue idee progressiste: l’istituzione di scuole laiche e la fondazione di una biblioteca pubblica. Va in macchina il settimanale “Lo spirito del XIX secolo”, che conduce una campagna per rimuovere la recinzione che divideva le sepolture nel cimitero di coloro che professavano la fede cattolica e di coloro che non la professavano. Nel 1893 fondò, con i suoi amici, il Partito del Centro repubblicano, di cui fu eletto Presidente. All’inizio della nuova guerra indipendentista del 1895, il Generale spagnolo Arsenio Martínez Campo gli propone il suo reintegro nell’esercito, ma egli non accetta. Le sue condizioni continuarono a peggiorare, e nel 1898 si rifugiò in una casa colonica a El Caney, dove morì nell’agosto dello stesso anno. Fu sepolto nel Cimitero Santa Ifigenia, a Santiago de Cuba, e più tardi, nel 1904, avendo Cuba raggiunto l’indipendenza, i suoi resti furono trasferiti ad Avana e sepolti insieme agli otto studenti di medicina, come aveva voluto. Capdevila è il rappresentante della Spagna progressista e umana. E’ il senso di Giustizia e l’amore della Verità che ne fanno un ribelle. Andando avanti nel percorso incerto di questo libro, scopriremo che senso di Giustizia ed amore della Verità sono, almeno nei campi della politica, della religione e della scienza, la base essenziale su cui i ribelli fondano i loro comportamenti e la loro azione. Non nascondo la commozione che provai davanti a quella lapide e, ancora adesso, la commozione che provo nel rileggere la storia del Capitano Capdevila.
Ci incamminiamo, quindi, per cercare altre due tombe che ci tenevo a visitare. Vedo un signore anziano che si aggira con l’aria e la divisa da guardiano. Gli vado incontro e gli chiedo della ubicazione di queste due tombe. Si offre di accompagnarci, sotto un sole che già ci fa agognare la – speriamo – ombrosa e fresca casa dei parenti di Gianni e Adis, dai quali siamo stati invitati a pranzo. La prima tomba era quella di José Raul Capablanca, campione mondiale di scacchi dal 1921 al 1927. Una mente matematica perfetta, con un gioco lineare ed essenziale, ma che, col tempo, trascurò, sicuro di essere il più bravo di tutti, lo studio e gli allenamenti, perdendo il titolo molto prima di quando avrebbe dovuto. Aveva giocato contro dei miti del gioco scacchistico, alcuni diventati più famosi di lui perché inventori di nuove complesse varianti, come l’ebreo lettone Aaron Nimzovitsch. Gli furono avversari Tarrash e lo scacchista e matematico tedesco Emanuel Lasker, a cui tolse il titolo mondiale dopo 25 anni di dominio. Perse dopo sei anni il titolo contro il grande campione russo, naturalizzato francese, Aleksandr Aleksandrovič Alechin, che non gli concesse mai la rivincita, scegliendo sempre avversari meno forti di lui. Avevo visitato la tomba di Alechin al cimitero di Montparnasse a Parigi molti anni prima. Era di fianco a quella dell’amato Baudelaire, grande ribelle dell’arte e dei costumi.
[1] Tamburi molto usati nella musica caraibica.
[2] Chitarre a corde appaiate, in genere sei, tipiche di Cuba.
[3] Menta.
[4] Chitarrista pop statunitense, promotore della riscoperta dei grandi musicisti cubani della seconda metà del secolo appena trascorso.