“Bruno e Gina”, una love story all’ombra del Duce


Bruno e GinaBeppe Attene, per lungo tempo Dirigente dell’istituto Luce, ha fatto la regia di questo film-documentario. Con Beppe ci siamo frequentati nella Roma in cui lui, giovane socialista, dirigeva l’ARCI nazionale assieme ad un tipo sveglio e buffo che si chiama Enrico Menduni. Per anni ci siamo persi di vista, per riprendere un rapporto di vera e fraterna amicizia, pur vivendo in città diverse. Questo film-documentario sul figlio prediletto del Duce, che muore nel 1941, è veramente da vedere. lo trovate in DVD in tutte le Librerie Feltrinelli a soli € 9,99.

Amore, guerra e morte sono gli ingredienti della tragica storia di Bruno e Gina, che Beppe Attene e Angelo Musciagna ci raccontano nel documentario targato Luce Cinecittà in anteprima al MAXXI domani 8 marzo. Come Sanguepazzo di Marco Tullio Giordana sulla vicenda di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti o Edda Ciano e il comunista tratto dal romanzo di Marcello Sorgi ecco un’altra storia d’amore all’ombra del fascismo che si intreccia con due o tre conflitti bellici (l’Africa, la Spagna, la seconda guerra mondiale…) e con le vicende della Repubblica di Salò, fino alla condanna a morte di Benito Mussolini. Le splendide immagini dell’Archivio Luce ripercorrono quegli anni drammatici e violenti, ma sono le parole dei protagonisti a gettare una luce intima e quasi da soap opera su quei materiali storici: lettere d’amore tra i due giovanissimi protagonisti, Bruno Mussolini, figlio prediletto del Duce, e Gina Ruberti, la sua innamorata, la madre di sua figlia, entrata a pieno titolo nella famiglia, tanto da essere l’ultima parente a incontrarlo quando ormai il dittatore è caduto. Bruno, che si chiamava così in onore di Giordano Bruno, è il terzogenito del Duce dopo Edda e Vittorio. Spericolato amante della velocità e del volo, prototipo dell’eroe fascista e futurista, vive fin da bambino sotto l’occhio della macchina da presa (e sotto il controllo costante della polizia che riferisce al padre ogni suo gesto, mentre i professori del liceo Tasso mandano dettagliati rapporti sul rendimento scolastico). Al volante raggiunge una media di 130 chilometri all’ora, diventa pilota di caccia a 17 anni appena, vola in Eritrea, partecipa alla guerra di Spagna alla guida di un bombardiere. Macina primati: è lui a compiere la trasvolata dell’Atlantico coprendo una distanza di mille chilometri, da Guidonia a Rio de Janeiro, insieme alla squadriglia dei Sorci verdi. Lo scambio epistolare con Gina sembra essere l’unico antidoto a una vita randagia e solitaria, perché il figlio del capo del fascismo si sente isolato e spesso inascoltato. “Sono più triste del solito – scrive a Ginetta – Stare con te e dopo tornare di nuovo ad essere solo non sai quanto fa male”. Attendono una felicità che sarà di breve durata: Bruno morirà il 7 agosto del ’41 durante il volo di collaudo di un nuovo modello di bombardiere. Mussolini, che sembrava aver presagito la catastrofe, dà voce al suo dolore paterno in un libro – “Parlo con Bruno” – che è alla base dell’interesse di Beppe Attene per questa vicenda. “Mio padre mi mise in mano questo straordinario libro, la lettera che Mussolini scrive al figlio all’indomani della sua inaspettata morte. All’epoca vendette oltre 100.000 copie e anche noi ne avevamo una in casa. Mi figuro che venisse vissuta come una guida fascista all’elaborazione del lutto, rivolta a chi, come il Duce, aveva perso un figlio in guerra e a chi temeva che questo potesse succedere”. Di Gina, invece, Attene venne a sapere grazie al libro di Roberto Festorazzi “Bruno e Gina Mussolini, un amore del ventennio”. Dopo la morte di Bruno, la vedova resterà a Villa Torlonia e seguirà le sorti della famiglia, vicina al suocero più di chiunque altro. Pare anzi che Mussolini le consegnasse i suoi diari e altri documenti prima di Piazzale Loreto. Morì in circostanze misteriose, durante una gira in motoscafo sul Lago di Garda, dove si era ritirata a vivere in incognito, stravolta dalla perdita dell’amato a cui non si rassegnava.

photoNOTE DI REGIA:

Diciamolo subito. Io Bruno lo conoscevo da una cinquantina di anni. Da quando, cioè, mio padre mi mise in mano da leggere quello straordinario libro che è e rimane “Parlo con Bruno”: la lettera che Mussolini scrive al figlio nell’indomani della sua inaspettata morte.

All’epoca vendette oltre 100.000 copie e anche noi ne avevamo una in casa. Mi figuro che venisse vissuta come una guida fascista alla elaborazione del lutto: rivolta a chi, come il Duce, aveva perso un figlio in guerra e a chi temeva che questo potesse succedere.

Non dico che ci pensassi spesso, ma certo mi era rimasto dentro quel Bruno.

Merito, mi dicevo, dello stupore e anche della ammirazione per un padre che riesce a dialogare con il figlio non solo oltre la morte ma anche in mezzo a vicende e catastrofi (di cui egli è primariamente responsabile) tanto più grandi…

 Ovviamente, invece, non conoscevo nulla di Gina.

L’ho scoperta grazie al bel libro di Festorazzi, dalla cui lettura è nata in effetti l’idea di fare questo film.

Nella mia testa avrebbe dovuto essere una fiction televisiva. Raramente la Storia mette a disposizione vicende tanto forti e tanto personali insieme.

Mussolini incontra la sua futura nuora, ancora bambina, nel momento del potere appena conquistato e non ancora goduto.

La frequenta (o meglio viene frequentato) per molti anni in seguito al matrimonio con Bruno e alla sua tragica morte, la incontra per l’ultima volta poche ore prima di morire a sua volta.

Forse, come dicono molti, le consegna dei segreti e forse proprio a causa di questi segreti Gina morirà traumaticamente poco tempo dopo.

Beppe Attene Mi pareva, e mi pare tuttora, che questi tre protagonisti fossero legati da una trama ad essi stessi segreta e inconosciuta ma tuttavia percepita e ubbidita.

Cosa spinge Gina a non fuggire con la sua bambina dalla tragedia che si consuma a Salò? Potrebbe farlo tranquillamente: non ha collusioni con il regime di cui, semmai, è diventata vittima indiretta.

E cosa spinge Bruno che è pure consapevole (come scrive) della fine disastrosa che li aspetta a inseguire il padre sul sogno di un nuovo tipo di aereo? A volte pare che quella costante tristezza che lo accompagna sia la premonizione di quel che non può non accadere.

E Mussolini, il Duce? Sa perfettamente di essere il responsabile della morte (anche) di suo figlio e spesso sembra averla percepita e prevista. Dal giorno della morte di Bruno non sarà (così raccontano) più lo stesso. O forse sarà, finalmente, se stesso.

Beppe Attene

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